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mercoledì 22 febbraio 2012

MA LA GENTE VA A MESSA?



Uno dei dati che proverebbero la tenuta e la vitalità del cattolicesimo in Italia è la frequenza alla messa domenicale. Da più di trent'anni tutte le rilevazioni registrano livelli di frequenza alla messa molto alti rispetto ad altri paesi dell'Europa occidentale: circa il 30 per cento della popolazione dice di andarci tutte le domeniche, un altro 20 per cento da una a tre volte al mese e un altro 30 per cento a Natale, a Pasqua e nelle grandi festività.

Basti pensare, per un confronto, che in Francia quelli che dicono di andare a messa tutte le domeniche sono meno del 5 per cento della popolazione.

In Italia, due sole volte e in due sole diocesi sono state contate le presenze effettive alle messe di una data domenica.

Una prima volta in una domenica di novembre del 2005 nel territorio del patriarcato di Venezia.

Una seconda volta in una domenica di novembre del 2009 nella diocesi di Piazza Armerina, in Sicilia.
Da entrambe le indagini risulta che i praticanti effettivi sono meno di quelli dichiarati.

IL CASO POLACCO

La Polonia è l'unico paese in Europa e nel mondo in cui sulla frequenza reale alla messa si dispone di dati estesi nello spazio e nel tempo. Qui dal 1980 la conferenza episcopale organizza ogni anno una "domenica delle statistiche" in cui un esercito di volontari, in tutto il paese, conta le presenze effettive dei fedeli alle messe e il numero delle comunioni.
Anche in Polonia si registra un divario. Esaminando i dati degli ultimi dodici anni, mentre la frequenza dichiarata alla messa domenicale è stabile al 56-58 per cento, le presenze effettive nella domenica del conteggio sono al 44-47 per cento.
Di conseguenza, analizzando i dati in loro possesso, i vescovi polacchi distinguono varie tipologie di cattolici: i "dominicantes", come essi li chiamano in latino, cioè i praticanti effettivi registrati nei conteggi, i "praticanti dichiarati", cioè quelli che si definiscono tali nelle indagini a campione, i "praticanti irregolari", che dicono di andare a messa una volta al mese, e infine i semplici battezzati che pur non praticando continuano a dichiararsi cattolici.
Questa classificazione legge quindi il cattolicesimo polacco come composto da cerchi concentrici: con all'esterno una vasta "comunità battesimale" e all'interno una più ristretta "comunità eucaristica"


IL CASO SICILIANO

La diocesi di Piazza Armerina, in Sicilia, conta circa 220 mila abitanti, dei quali il 3,5 per cento non cattolici, prevalentemente pentecostali e testimoni di Geova. Tra il sabato sera e la domenica sera del 21-22 novembre 2009 circa 200 volontari hanno contato le presenze e le comunioni nelle 320 messe celebrate in tutta la diocesi, comprese le messe dei neocatecumenali e le comunioni portate ai malati.
E così si è accertato che mentre nelle indagini a campione i cattolici che dicono di andare a messa tutte le domeniche sono il 30 per cento, quelli effettivamente visti in chiesa sono stati il 18,5 per cento.
Ma questo non significa – avverte il professor Introvigne – che tra i primi vi siano dei praticanti "falsi" da contrapporre ai praticanti "veri". Entrambe le cifre vanno lette entro un insieme più vasto, che comprende coloro che dichiarano una pratica religiosa almeno mensile, il 51,4 per cento, coloro che si dichiarano comunque cattolici, il 92,2 per cento, e coloro che si dichiarano più genericamente religiosi, il 96,7 per cento.
Quel 30 per cento, infatti, che dice di andare a messa tutte le domeniche anche se poi non tutti ci vanno sempre, "indica un'intenzione e un'aspirazione a partecipare alla messa che è di assoluto rilievo per ogni discorso sull'identità e l'identificazione dei cattolici". In una forma diversa ma reale, anche quel 51,4 per cento di praticanti occasionali si sente ed è cattolico. E lo è anche la cerchia più vasta della "comunità battesimale".
Naturalmente, i "dominicantes" praticano la religione in modo più intenso. Il 70 per cento dei presenti alle messe nella diocesi di Piazza Armerina, nel giorno del conteggio, hanno fatto anche la comunione (mentre in Polonia solo un terzo dei presenti alla messa si comunica, segno non di minor fervore ma piuttosto di una diversa pastorale). Inoltre, una larga maggioranza di loro dicono di confessarsi almeno una volta al mese.
Sono quindi una minoranza comunque consistente, all'interno di quei cerchi concentrici che definiscono il rapporto con la religione cattolica e confermano l'eccezione dell'Italia nel panorama secolarizzato dell'Europa occidentale.
L'incognita è sulla tenuta nel tempo di questa eccezionalità.

IL CROLLO DEI GIOVANISSIMI
L'indagine è quella condotta dal professor Paolo Segatti dell'Università di Milano per la rivista "Il Regno", che l'ha pubblicata nel numero del 15 maggio 2010.
L'indagine ha confermato la forte impronta cattolica di larga parte della popolazione italiana per quanto riguarda sia la messa e i sacramenti, sia il credere e il pregare, sia l'autoidentificazione cattolica, sia la fiducia nella Chiesa.
Per quanto riguarda la messa, il 28 per cento degli intervistati ha detto di andarvi ogni domenica, di poco sotto al 30 per cento medio degli ultimi tre decenni.
L'indagine ha però messo in luce una frattura drammatica tra i nati dopo il 1970 e più ancora dopo il 1981 e le precedenti generazioni. "Sembra veramente di osservare un altro mondo", scrive il professor Segatti. "I giovanissimi sono tra gli italiani quelli più estranei a un'esperienza religiosa. Vanno decisamente meno in chiesa, credono di meno in Dio, pregano di meno, hanno meno fiducia nella Chiesa, si definiscono meno come cattolici e ritengono che essere italiani non equivalga a essere cattolici".
Il crollo è così netto da far sparire anche le differenze di pratica religiosa tra uomini e donne – queste ultime molto più praticanti – tipiche delle precedenti generazioni. Tra i giovanissimi anche le donne vanno pochissimo in chiesa, al pari dei maschi.

Commenta Segatti:

"Già si intravede la futura condizione di minoranza del cattolicesimo in Italia. È immaginabile che quando i figli della generazione più giovane saranno padri, daranno un ulteriore contributo alla secolarizzazione".

"EMERGENZA EDUCATIVA"
Da quanto detto, si può capire perché i vescovi italiani e lo stesso papa Benedetto XVI abbiano individuato nella "emergenza educativa" un problema chiave della Chiesa italiana di oggi. L'educazione, infatti, comprende anche la trasmissione della fede cattolica da una generazione all'altra.
Un clamoroso segno rivelatore di questa "emergenza" è dato proprio dal documentato crollo della pratica e del "senso" religioso tra i giovanissimi.
E questo nonostante il 94 per cento delle famiglie italiane iscrivano i loro figli all'ora di religione e, nelle scuole di grado superiore, scelgano di avvalersene l'84 per cento degli studenti.
Sono percentuali eccezionalmente alte, a questi livelli da anni. Ma, evidentemente, visti i risultati, sia l'insegnamento della religione nelle scuole, sia il catechismo nelle parrocchie non sono all'altezza della sfida. In una Chiesa, come l'italiana, pur chiamata a far da modello alle altre Chiese dell'Europa secolarizzata.
L’indagine in oggetto è stata eseguita su disposizione del Cardinale Arcivescovo ed utilizzando moduli e criteri trasmessi dalla Curia Arcivescovile; essa ha obiettivi relativi a tutta la diocesi, tuttavia riveste un certo interesse anche per l’analisi sulla frequenza alla S. Messa nella nostra Parrocchia.
In questa nota esporremo i risultati e vedremo se è possibile qualche confronto con i risultati del più ampio questionario parrocchiale del 1996.
L’analisi delle presenze per il 28 novembre 2004 ha dato i seguenti risultati:
0. Presenze (totale delle tre celebrazioni): 349 pari al 22.5% della popolazione residente; maschi 139, femmine 198, non dichiarati 12.
1. Distribuzione per età:
da 7 a 12 anni: 44, pari al 44.5% della popolazione
da 13 a 17 anni: 12, pari al 9.8% della popolazione
da 18 a 25 anni: 11, pari al 17.7% della popolazione
da 26 a 40 anni: 45, pari al 10.0% della popolazione
da 41 a 60 anni: 104, pari al 21.0% della popolazione
da 61 a 70 anni: 67, pari al 39.9% della popolazione
oltre 70 anni: 54, pari al 35.8% della popolazione
Si conferma pertanto il fenomeno della disaffezione per la pratica religiosa nelle età intermedie, la frequenza è di fatto alta sino alla Cresima, scende poi a livelli molto più bassi ed inizia a risalire dopo i 40 anni di età; essa tuttavia presenta uno strano picco nella fascia da 18 a 25 anni e pertanto un andamento bimodale che, se confermato, sarebbe meritevole di ulteriore analisi statistica.
Interessante la risposta alla frequenza: 204 su 337 (58.4%) hanno risposto “sempre” ed altri 74 hanno risposto “quasi sempre”; tenendo presente che vi è stato un certo equivoco nell’interpretazione della domanda che ha causato una sottovalutazione delle risposte, possiamo considerare positive ambedue le risposte con un totale del 79.6%.
Il questionario del 1996 aveva una base diversa, non si trattava di una rilevazione fatta in chiesa bensì di un questionario distribuito nelle case; possiamo tuttavia confrontare le risposte del 337 presenti del 28 novembre con quelle delle 595 che risposero al questionario dichiarandosi cattolici. Fra questi, la frequenza regolare di partecipazione alla S.Messa era del 64.6% da confrontare con un numero compreso fra il 58.4% ed il 79.6% della frequenza odierna (nel questionario del 1996 non era prevista la risposta “quasi sempre”). Si può concludere che, fra i cattolici, il tasso di partecipazione abituale alla S. Messa è in aumento.
Desta preoccupazione, tuttavia, il totale delle presenze, solo 349 di cui 278 abituali (“sempre” e “quasi sempre”) mentre nel 1996 avevano risposto in 595 di cui 384 abituali; pur non essendo questi dati direttamente confrontabili per i motivi già detti, è legittimo il dubbio che la percentuale dei cattolici sul totale della popolazione sia in diminuzione, di fatto mancano all’appello 246 persone, anzi di più considerando che dal 1996 ad oggi la popolazione della nostra parrocchia ha probabilmente avuto un lieve incremento. Pur con tutti i limiti derivanti dal confronto di analisi ristrette e statisticamente imperfette, sembra di poter dire che i cattolici, pur diminuendo in totale, stiano diventando più compatti e concentrati in un nucleo di veri credenti.
La visita del Papa del settembre 2010 ha portato più fedeli alla messa a Westminster. Secondo statistiche pubblicate nell’ultima edizione del “Westminster Year book”, l’annuario che raccoglie tutti i dati relativi a questa diocesi della Chiesa cattolica di Inghilterra e Galles, la frequenza alla messa è aumentata di quasi tremila persone tra l’ottobre 2009 e l’ottobre 2010.
Il conto di quanti fedeli partecipano alla Messa viene fatto in ottobre ogni anno e nel 2010 è stato completato poco dopo la visita di stato di Benedetto XVI. Sono state 158.574 le presenze a messa nel 2010 rispetto alle 155.880 nel 2009 nella chiesa madre del cattolicesimo inglese. Le statistiche provenienti dalle parrocchie della diocesi guidata dal Primate, mons. Vincent Nichols confermano, inoltre, un aumento dei battesimi, del numero di chi diventa cattolico e dei matrimoni.

L’annuario rivela che le cinque parrocchie più frequentate sono quella polacca di “Our Lady Mother of the Church”, con 4.321 persone, di Westminster cathedral, con 3.980 persone, di Greenford con 2.272, dell’“Oratory”, un’altra importante chiesa del centro di Londra dove hanno frequentato la messa, nel 2010, 2.221 fedeli e di Stamford Hill, con 2.061.

Forse il problema sta proprio nel fatto che ci si trova a messa come se fossimo in coda ad un supermercato e non se ne conosce piu' il significato.
Saluti


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